Qual è il mindset per un evento pride accessibile?

Inizio a sentire odore di pride ed è subito che mi prende quel desiderio irrefrenabile di consiglio non richiesto. Sarà il conflitto d’interessi?

No non parlo della mappatura dell’accessibilità dei pride italiani che ho fatto l’anno scorso. Dico perché sono gay e disabile e mi piacerebbe partecipare.

Aggiungici il dettaglio che sono povero, vivo in provincia, barricato in casa e dipendo dell’assistenza di altri per potermi muovere.

Anyways! Aver condotto SondaPride e aver letto le varie testimonianze che hanno lasciato persone disabili e neurodivergenti lgbtqia+ – my people – mi ha dato uno sguardo privilegiato su certe tematiche.

Ho capito le principali frustrazioni e desideri e basandomi sui risultati della mia autoreferenzialissima ricerca, mi piacerebbe condensare quelle che mi sembrano le basi per creare un evento pride accessibile.

Tecnicamente nulla di complicato, è questione di punti di vista. Letteralmente: di adottare la giusta prospettiva. E di metterla in pratica.

Partiamo!

1. Parla alle persone disabili e neurodivergenti

Tutti i problemi, a partire dalla comunicazione, nascono dal non prevedere le persone disabili come interlocutrici e destinatarie degli eventi e dei messaggi. Di conseguenza l’evento non sarà costruito affinché chiunque possa sentirsi benvenutə. E la comunicazione non sarà accessibile o utilizzerà un linguaggio poco idoneo. Che insomma, oltre a denotare poca cura, di certo non fa venir voglia di partecipare.

Prevedere le persone disabili come interlocutrici a monte vuol dire invece pensare ai contenuti in modo che interessino e parlino a tutte e di tutte. Vuol dire utilizzare un linguaggio adeguato e non stigmatizzante o alterizzante. E porre l’accessibilità come condizione irrinunciabile.

2. Ogni comunicazione deve essere accessibile

Aggiungi il testo alternativo o le descrizioni delle immagini in modo che siano fruibili dalle persone cieche.

Aggiungi i sottotitoli nei video e nelle storie parlate per renderli fruibili per le persone sorde.

Utilizza un linguaggio semplice e facilmente comprensibile (magari anche in Comunicazione Aumentativa Alternativa) e un’organizzazione dell’informazione fruibile da persone dsa e adhd.

3. Coinvolgi le persone disabili e neurodivergenti nella costruzione dell’evento pride

Senza delegare a loro l’accessibilità, ovviamente. Altrimenti è inutile. Aiutami a dire deresponsabilizzante. Ma ascoltando e rispettando bisogni e esigenze in ogni fase della programmazione. Includi persone disabili nella tua “leadership”.

Se non è possibile partecipare alla costruzione dell’evento per mancanza di accessibilità, c’è tanto su cui dover lavorare (non si parla di sole barriere architettoniche, ma di fruizione degli spazi di relazione, anche digitali).

4. Dai voce alla disabilità

Organizza momenti in cui si parli (anche) di corpi, menti e argomenti disabili e neurodivergenti per decostruire l’abilismo e favorire uno spazio safe (il più possibile libero da oppressione e pregiudizi) e consapevole per tutte le persone disabili queer e tutte le potenziali alleate.

Ma non solo: anche perché includere la disabilità, l’autismo e le neurodivergenze negli argomenti dei discorsi comuni vuol dire semplicemente riconoscerle come parte del comune e complesso vissuto umano.

Non sono argomenti a parte, o eccezionali. Sono argomenti che riguardano chiunque, perché la disabilità è semplicemente parte integrante del vissuto umano, che ci toccherà sempre. Da più o meno vicino.

Invita relatori disabili e neurodivergenti (queer) a prendere parola. Non parlare di loro. Come si dice in gergo, passa il microfono. Nulla su di noi senza di noi è un mantra per il movimento dei diritti delle persone con disabilità.

5. Non limitarti a un singolo evento

Che significa: non limitarsi a un singolo evento fisico, come la sola parata.

Organizzare più momenti o più eventi durante il periodo pride da a chiunque l’occasione di partecipare in base alle proprie possibilità. Anche a chi non può esserci fisicamente al singolo evento circostanziate.

Ricordo con nostalgia qualche anno fa, quando le associazioni organizzavano momenti di approfondimento e socialità a distanza (covid docet). Per qualcuno queste iniziative potranno richiamare ricordi spiacevoli o traumatici di isolamento e frustrazione. Soluzioni temporanee indesiderate, in attesa di tornare alla vera socialità dal vivo. Per me quelle soluzioni temporanee erano grandi occasioni per partecipare attivamente alle attività associative. Che con la fine del covid sono drasticamente calate.

Registrare un evento e trasmetterlo in diretta permette di partecipare a chi non può esserci fisicamente oltre a creare contenuti fruibili anche in futuro (non è una scusa per non rendere la parata accessibile).

Ricorda

Se non è accessibile non è intersezionale

L’accessibilità non è un di più, è parte integrante del processo di creazione dell’evento e si deve applicare a qualsiasi contesto e momento associativo.

Abituarsi a pensare e agire accessibile vuol dire prevedere in ogni momento la partecipazione di persone disabili e neuro divergenti. Cambiare il contesto affinché lo diventi è fondamentale e responsabilità di chiunque.

Non sai come fare?

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