“Pazzo” non è sinonimo di delinquente

Con l’avvento della guerra russo-ucraina, sono proliferati articoli e articoli che per condannare le azioni di Vladimir Putin, ne hanno messo in dubbio la salute mentale e hanno usato appellativi come “pazzo” per  sottolineare l’irragionevolezza e efferatezza delle iniziative belliche. Ma che conseguenze ha usare certi appellativi, che da sempre hanno valenza stigmatizzante di uno status o comportamento, sulla percezione stereotipata della salute mentale?

Non chiamatelo “pazzo”

Putin è un dittatore. Un uomo pericoloso come altri. Un disturbo mentale, non è una giustificazione o un mezzo per spiegarne le azioni.

Non c’è nessun collegamento diretto fra salute mentale e criminalità.

Non è accettabile parlare di “folle”, “fuori di testa”, “pazzo da legare” una persona pericolosa per giustificarne gli atti criminali.

Definire “pazzo” un criminale vuol dire stigmatizzare pesantemente chi vive con un disturbo mentale e che non è in nessun modo un pericolo. Nonostante sia questo un modo in cui viene tipicamente visto e dipinto.

Le diciture “pazzo, matto” non hanno un valore scientifico. Sono usate nel linguaggio comune per additare chi ha aspetti che non ci vanno bene. Per colpire qualcuno che non ci piace. Per denigrarlo o svilire la portata delle sue azioni o delle sue parole. Far passare qualcuno per pazzo è sempre la soluzione più sbrigativa, rispetto a cercare di comprendere motivazioni e cause della sua condotta.

Una narrazione trasversale usata da tutti i media, che denota e diffonde grande confusione tra pericolosità e salute mentale. Una confusione che riflette un linguaggio povero a cui siamo abituati, che trasmette pregiudizi e stereotipi.

È imprevedibile? Incontrollabile? Irragionevole? Incomprensibile? Ingestibile? Ci sono sinonimi. Usateli.

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